I Miei Racconti






LA LETTERA



“ Cara Maria

quando leggerai queste mie righe, non ci sarò più. Forse avrai speso qualche lacrimuccia per la scomparsa di un compagno di lavoro, forse no e avrai lanciato un semplice e mesto pensiero alla famiglia di un collega che hai avuto modo di frequentare per quasi quindici anni.
Perché questa lettera, ti starai chiedendo, perché questa quasi macabra appendice ad un evento luttuoso.
Cercherò di spiegarlo. Per prima cosa non c’è alcuna intenzione da parte mia di spaventarti o agitarti. Questa mia lettera è la conseguenza di una forma di vigliaccheria. Da quindici anni, quindi da quando ti ho conosciuta, non ho mai avuto il coraggio di manifestarti il mio sentimento. Ti amo, anzi, scusa, ti ho amato…Con passione, con dolcezza, con tenerezza. Ti ho amato in silenzio, ho inghiottito bocconi amari per far tacere il mio cuore. Forse qualcosa hai intuito, ma il tuo comportamento di semplice collega, irreprensibile, di amica pronta allo scherzo ma giustamente fredda e distaccata quando cercavo di portare “sull’argomento” il discorso, mi frenava. La paura di perdere la tua amicizia e confidenza, faceva ritornare nel loro alveo le parole che, calde volevo rivolgerti. Ma adesso che sono alla fine dei miei giorni, non posso più sopportare questo fardello. Devo liberarmi di questo dolce peso. Mi ha accompagnato gli ultimi quindici anni della mia vita. Adesso non potrai più respingermi…. non esisto….!
Credo di intuire i tuoi pensieri. Sarai forse sorpresa, ma non credo per il mio sentimento, quanto per questa “ strana “ esternazione, forse sgomenta per qualcosa che tu non avresti voluto e per la quale non hai alcuna colpa. Certamente inquietudine, se non paura, per queste parole che, in fin dei conti, ti rivolge un morto. Sai per me è difficile parlare come se non ci fossi più. Anche se so della mia fine, della data presunta, non riesco a pensare a me come un “ ex “, nel termine più definitivo della parola.
Ti ho amato, follemente, in silenzio, per paura di un tuo rifiuto, per paura del tuo disprezzo, prova ne è questo ultimo mio pensiero rivolto a te e non ad altri. Devi saper un’altra cosa. Prima di cedere totalmente al sentimento, ho duramente combattuto contro questo amore che mi lacerava la mente. Lo rifiutavo, non lo volevo. Spesso mi sono comportato in modo ostile, nei tuoi confronti, per strapparti dal mio cuore. Non volevo amarti. Amavo un’altra donna. Capivo che questa mia nuova emozione, minava tutto quello in cui credevo: la famiglia, l’amicizia, la stima per gli altri e soprattutto per se stessi. Si, hai capito bene, non riuscendo a cancellarti dalla mia mente, avevo perso la stima di me stesso. Tutte le mie convinzioni “ perbeniste” erano crollate. Per un breve periodo, non nascondo, avevo pensato ad un possibile nostro rapporto “ clandestino “. Ma poi ti vedevo, ti parlavo e intuivo che la tua anima limpida e cristallina, ammesso che mi avessi accettato, non sarebbe scesa ad un simile basso compromesso. Ma io amavo un’altra, ed amavo te. Che confusione! Così decisi di combatterti, mettermi in competizione per qualsiasi motivo, dal lavoro al modo di pensare, al modo di esternare il proprio pensiero, persino di interpretare le norme che regolano il nostro lavoro. Mi accorgevo che così, ti allontanavo da me, anzi, che tu ti allontanavi, mentre io, purtroppo rimanevo sempre invischiato ogni giorno di più. Fino a quando mi sono arreso, non potevo combatterti, il mio cuore non me lo permetteva. Per me non rimanere altro che tacere, sempre. Perché non volevo perdere il tuo saluto. Perché, sapevo, avresti rifiutato questo mio amore.
Adesso che non ci sono più, non potrò subire questa “umiliazione”, questo “insuccesso”.
Ora sai di me, forse, ripeto, lo avevi intuito, ma adesso te ne ho data la certezza.
Spero di non averti spaventata, era l’ultima delle mie intenzioni. Anzi, se c’è qualcosa là, dove sto per giungere, credimi, avrai, se lo vorrai, qualcuno cui chiedere aiuto. Qualcuno a cui rivolgerti nei momenti difficili. Un “ amico “ in più. Non ti chiedo nulla in cambio, anzi no, una sola piccola cosa:
Pensami qualche volta, nelle tue preghiere, perché io sarò lì sempre a vegliare alle tue spalle, senza manifestarmi. Non sopporterei il tuo spavento. Scusami se puoi, scusa questo tuo povero e sfortunato innamorato!
Addio….. TI AMO “

Pietro aveva letto e riletto lo scritto. Ne aveva smussato i passi più drammatici. Aveva riscritto le frasi più sdolcinate. Aveva corretto, o per lo meno aveva cercato di farlo, la sintassi e la grammatica. Ma soprattutto aveva badato che trasparisse l’intenzione di non far del male, ma al contrario del bene, alla donna. Soprattutto era stato attento a non offenderla, a non metterla in cattiva luce ..se per caso quella lettera fosse caduta in mani…. estranee. Non aveva nessuna intenzione di causarle del male, soprattutto in famiglia. Voleva comunicarle... la sua protezione. Lui credeva nell’Aldilà, credeva in una vita dopo la morte, credeva nel Paradiso, negli Angeli, credeva nei Santi. Credeva insomma in una vita spirituale, oltre quella terrena. La sua intenzione, scritta a chiare lettere, era quella di comunicare all'amata il proprio impegno a vegliare per il suo bene.
Dopo l’ennesima rilettura, chiuse la lettera in una busta. La sigillò con della ceralacca, scrisse nome, cognome ed indirizzo della destinataria, presso la Ditta, ci aggiunse, scritto in rosso “ RISERVATA. La ripose in una busta più grande con su lo stesso indirizzo. Il destinatario del plico sarebbe stato un notaio, che avrebbe consegnato, con discrezione, il tutto, quando lui……
Erano trascorsi sei mesi da quando aveva consegnato il plico. Pietro, affetto da un tumore ai polmoni, di anni quarantacinque, combatteva nonostante fosse consapevole dell’inutilità delle cure, la sua lotta contro la malattia. Aveva scelto l’assistenza del dottor Di Bella. Il professore, astro nascente della medicina italiana, non gli aveva promesso nulla, se non un prolungamento del “ ciclo vitale “ in condizioni quasi normali. Spese un capitale in somatostatina ed altre sostanze, quando fu escluso dalla “ricerca” sul nuovo metodo, attuato dal Governo, poi quando la “cura” fu ritenuta inefficace, gli fu difficile anche trovare la medicina e soprattutto un medico che glie la prescrivesse. Fu così costretto a rivolgersi agli oncologi che seguivano le cure tradizionali, consistenti in asportazione, ove possibile, e forti dosi di cortisone. Nelle numerose visite, e presso i vari centri di cura cui si era rivolto, aveva posto la stessa domanda, ricevendone la medesima risposta. C’è speranza di sopravvivere? Per quanto tempo e a che prezzo. Le risposte, con le varie sfumature, dovute alla sensibilità o alla bramosia di guadagni dell’interlocutore furono sempre le stesse: NO, per alcuni mesi, e con grave decadimento fisico.... repentino.
Volle incontrare altri sfortunati come lui, in terapia con il cortisone. Vide delle larve di uomini, giallicci, privi di capelli, privi di speranza, morti prima ancora del tempo. Fu allora che decise. Fu allora che prese la decisione definitiva, non prima di aver fatto un altro tentativo presso il professor Di Bella, che gli volle fornire gratuitamente delle medicine bastanti per due mesi, dopo….. sperava solo nel buon Dio o nei governanti del suo Paese. Così trascorse altri sessanta giorni in attesa, davanti al televisore, della lieta novella. Invano.
Nel frattempo aveva continuato a frequentare l’ufficio, salvo brevi periodi di assenza. Soprattutto aveva continuato a frequentare Maria, anche se come semplice collega.
Qualcosa era mutato nell’atteggiamento della donna, nei suoi confronti. Era più … amica, più “ carina “, si rivolgeva a lui sempre con un sorriso, aveva per lui sempre una parola più gentile. Non si illuse. Il fatto era dovuto al suo stato di salute. Sapevano del suo male e si comportavano come con un condannato a morte. Non solo lei, ma anche tutti gli altri erano più “amichevoli”, a tal punto da rendergli odioso l’ufficio. Non voleva la pietà, non voleva un “trattamento” diverso. Possibile che non capissero? Per lui il lavoro doveva essere un diversivo, doveva aiutarlo a non .. pensare. Molte volte, a seguito di una parola particolarmente calda, a seguito di un sorriso più dolce del solito, fu tentato di svelare il suo sentimento alla donna. Però si rendeva subito conto dell’errore in cui era caduto. Poi riflettendo, si rendeva conto che, visto il suo stato di salute, non poteva coinvolgere Maria. Anche se lei lo avesse accettato, cosa le avrebbe potuto offrire? Uno, due mesi…e poi? Sofferenza. Così invece era un collega, che andava via, come tanti altri e sulla cui sorte avrebbe sospirato per pochi giorni prima di… dimenticarlo !
Aveva deciso !
Non si sarebbe sottoposto alle cure tradizionali, non avrebbe allungato la sua agonia…. Visto che…. Meglio non soffrire più del dovuto…. sarebbe stato oltremodo stupido allungare la sofferenza per lui e per chi gli era vicino. No, non avrebbe seguito le cure prescritte. Suicidio ? No, semplice buon senso ! Continuò così il suo lavoro sinché gli fu possibile, poi quando il male lo costrinse all’inabilità, fu costretto ad abbandonare anche quella dolce boccata di ossigeno.
La sua agonia durò due mesi, poi fu la fine!
Da quando aveva scritto la lettera erano trascorsi poco più di dieci mesi. Molti mutamenti erano avvenuti nella Ditta in cui aveva lavorato. Soprattutto negli ultimi mesi, durante la sua “ assenza per malattia “. La Società aveva deciso di ristrutturarsi, di ridurre il personale. Vi furono molti spostamenti di personale.
Maria fu mandata dalla direzione di Milano alla succursale di Firenze, altri che non accettarono il trasferimento furono messi in cassa integrazione, prima di essere licenziati. Maria fu costretta a trasferirsi. Aveva bisogno del posto di lavoro. La famiglia aveva bisogno del suo stipendio. Nella nuova città, prese in affitto, con altre due colleghe, un piccolo appartamento, tutti i venerdì tornava a Milano per poi ripartire il lunedì.
Una sera, nel suo letto fiorentino, al buio, ripensava, come sempre, ai tempi passati, al vecchio ufficio. Si accorse di rimpiangere la compagnia di un suo collega, Pietro, sempre così gentile, così disponibile ad ogni sua richiesta. Sospettava che avesse un debole per lei. Adesso gli mancava la sua voce, le sue attenzioni, il suo sorriso, le sue battute. Rimpiangeva di essere stata fredda e scostante in occasione di alcuni timidi tentativi dell’uomo. Come quella volta, otto anni prima, che, in occasione del concerto a Milano dei Pooh, di cui si era sempre dichiarata un’accanita fans, Pietro l’aveva invitata ad andarci insieme, mostrandole due biglietti. Peccato! Avrebbe dovuto accettare! Più ci pensava e più si dava della stupida… Quell’uomo le piaceva. Addirittura, per un lungo periodo, ogni volta attendeva con ansia il suo arrivo e quando lo vedeva arrivare aveva un tuffo al cuore. La sua educazione “ puritana” la costringeva al silenzio. Poi si era rassegnata ! Avrebbe dovuto accettare quell’invito! Che ci sarebbe stato di male? Fra colleghi... e poi se anche fosse nata qualcosa fra loro due…. Non sarebbe stata la fine del mondo! Con suo marito, ormai aveva solo rapporti formali, vivevano ancora insieme a causa dei figli… e per la comune morale…. Non per altro ! Pietro sarebbe stato certamente un ottimo compagno! Immancabilmente alla fine dei ricordi, prima di addormentarsi, con il volto dell’uomo negli occhi, scuoteva la testa borbottando -“ Che stupida… che stupida… Chissà come sta adesso, poverino ! “-
Il notaio, venuto a conoscenza della scomparsa di Pietro, inviò come pattuito, dopo una settimana, per raccomandata il plico all’indirizzo indicato: la ditta. Allegò la ricevuta alla pratica e la diede alla segretaria per farla archiviare. Il suo compito era terminato. Almeno così pensava. Con la lentezza che è prerogativa delle Poste, dopo quindici giorni, il plico gli fu restituito con, in bella vista, “ Sconosciuto a destino “. Telefonò alla Ditta, per avere ragguagli sulla loro impiegata. Non ebbe una risposta esauriente. Professionista serio, il giorno successivo si recò di persona dichiarandosi per quello che era: un Pubblico Ufficiale che eseguiva dei mandamenti testamentari. Unica risposta fu che: -“ La signora non presta più la sua opera presso di noi. La legge sulla privacy non ci permette di darle altre informazioni, inoltre il regolamento interno vieta ai nostri dipendenti di ricevere posta “-.
Cosa fare ? Il suo ex cliente, era stato chiarissimo: il plico doveva essere recapitato sul posto di lavoro e non a casa! In realtà aveva chiesto che fosse recapitato a mano e non per posta. Si sentì in colpa per questo piccolo espediente e così, a sua discolpa, decise di completare ad ogni costo il suo mandato.
Dopo accurate ricerche riuscì a scovare il numero di telefono, intestato al marito, della donna. Fece telefonare alla sua segretaria
-“ Pronto , sono Clara, un’amica di Maria.. lei è il marito ? Buongiorno signor Carlo, mi scusi se la disturbo, vorrei parlare con sua moglie…. A Firenze ? Ma come! Aveva detto che voleva prendersi alcuni giorni di ferie… Mi scusi, ho perso il suo recapito telefonico, me lo potrebbe dare lei? La prego sia gentile… Grazie, signor Carlo.. a risentirla…”-
Dal numero di telefono, per il notaio, risalire all’indirizzo fu uno scherzo. Così anche questa volta avrebbe rispettato il volere di un suo cliente !
Quella notte Maria sognò Pietro che le parlava d’amore, sognò che ridevano insieme…. che si baciavano. Quando si svegliò la mattina seguente, più presto del solito, ripensò al sogno e ne addebitò la causa ai pensieri della sera precedente. Si alzò dal letto e notò una grossa busta sul comodino. Strano, la sera prima non l’aveva vista. Sopra c’era un bigliettino. -“ Maria, è arrivato stamattina, ho firmato io per te. Rosa. “-
Con la busta ancora in mano si recò presso il letto dell’amica e la svegliò.
-“ Perché non me lo hai dato ieri sera ? Hai pagato qualcosa ? “- -“ L’ho messo sul tuo comodino, pensavo che l’avresti visto, e poi… me ne sono dimenticata.. Non ho pagato nulla “-
Maria, guardò l’orologio, aveva ancora una buona mezzora di tempo a disposizione, ritornò a letto e strappò il plico. Gli venne un colpo al cuore, quando sulla seconda busta, lesse il nome del mittente e si stupì della ceralacca. Emozionata come una scolaretta il primo giorno di scuola, aprì con delicatezza la seconda busta, riflettendo sulla meticolosità e lo scrupolo di Pietro quando lesse la parola RISERVATA.
Ne estrasse con mani tremanti tre fogli dattiloscritti e cominciò a leggerli : -“ Cara Maria…… “-
Durante la lettura pianse…. Lesse più volte quei fogli, sempre con più forte commozione. Poi li ripiegò con cura e se li strinse forte al petto.
-“ Perché non hai insistito.. Pietro…. caro…. caro…. anch’io ti amavo !”-


FINE